Negli ultimi due anni abbiamo avuto modo di vedere chiaramente come le app costituiscano per il settore della ristorazione una risorsa irrinunciabile. Anche i più refrattari alla tecnologia sono diventati pratici di ordinazioni da smartphone e le aziende trovano supporto da applicazioni del più vario genere, dalle arcinote JustEat e Glovo, per le consegne a domicilio, fino a The Fork, per prenotazioni e convenzioni. La necessità ha fatto scoprire vie più comode di quelle tradizionali e anche un paese come l’Italia, solitamente poco pronto al cambiamento (specialmente in settori così forti e tipici come quello del food&beverage), si è trovato costretto a convertirsi a modi più rapidi di soddisfare i bisogni dei propri clienti. Sempre più esercizi trovano scorciatoie economiche grazie alla digitalizzazione, basti pensare agli ormai numerosi locali che sfruttano i QR code per la consultazione del menu, aggirando le problematiche di igiene del cartaceo e risparmiando tempo.
Quali sono le attuali tendenze della ristorazione? Il settore ha familiarizzato con questa opportunità?
La crisi pandemica ha portato i consumatori a preferire gli spazi all’aperto e, per il momento, sembra che i più manterranno quest’abitudine. Si è invece già riaffermata la pausa pranzo nei locali vicini al luogo di lavoro e con l’uscita dall’emergenza questa tornerà a essere la norma, un fatto che ha già portato numerose attività a dotarsi del supporto delle app, essenziali al lavoratore per risparmiare tempo e trovare il luogo più adatto al suo break: la “nuova normalità”, infatti, porta con sé le lezioni di quanto abbiamo imparato in questa fase storica e sarà difficile continuare a essere competitivi nel mercato con i soli passanti e con il passaparola.
La tecnologia in questo settore non è ancora sdoganata quanto in altri: un report della società Qonto (servizi finanziari digitali) mostra che solo il 37% delle imprese ha introdotto un supporto digitale nel proprio modello di business, contro il 44% medio delle intervistate. Nel corso del 2020, solo l’8% delle aziende di settore ha investito oltre il 30% del budget nell’implementazione di questo genere di strumenti e i più si sono invece fermati sotto il 10%, forse timorosi o poco fiduciosi. Questo significa che ci troviamo nel momento in cui un consumatore sempre più esigente (e meno paziente a causa dei ritmi di “vita” da web) può essere raggiunto solo da quella minoranza che si mostra al passo con le sue necessità. Questo pericolo è avvertito da molti imprenditori, che elencano come i maggiori rischi percepiti la perdita di competitività, il calo del fatturato, i maggiori costi di gestione che derivano dal non disporre di mezzi digitali e, addirittura, la non sostenibilità del business nel medio-lungo periodo.
Il ritratto del consumatore del settore ristorazione è quindi ben delineato:
- vuole impiegare poco tempo a visionare l’ampia scelta che ha di fronte;
- vuole sapere da subito dove troverà posto e a che ora;
- vuole sapere quanto tempo gli servirà per usufruire del servizio;
- preferisce non perdere tempo con telefonate o ricerche ulteriori;
- vuole feedback ben visibili.
Vale ciò che vale per ogni servizio digitale: meno click da fare per l’utente significa più probabilità di averlo come cliente. Non solo: a livello di brand identity, non provvedere a dotarsi di supporto digitale significa mostrarsi ormai vecchi e inadeguati al mercato.
Siamo quindi di fronte a un panorama nel quale qualsiasi azienda si rende conto dell’importanza fondamentale delle app nella ristorazione di oggi ma, allo stesso tempo, non sembra saper valutare come investire o, comunque, non sembra sapere come approcciarsi a un ambito ancora così nuovo e inesplorato nel nostro paese. Che cosa serve, davvero, a una specifica attività? Dovrebbe appoggiarsi a uno dei servizi collaudati e ormai famosi oppure questi gli sono poco utili e ci sono alternative più a sua misura? Che cosa i suoi clienti trovano comodo e utile? In sintesi: quale tipo di app può fare la differenza?
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